Intolleranze ed allergie

Se sei allergico o intollerante e fai sempre più difficoltà ad orientarti nella scelta di cosa mangiare, i nostri piatti dedicati sono fatti su misura per te! Potrai scegliere tra diversi piatti privi dell’alimento che ti scatena i sintomi, con la sicurezza inoltre che gli ingredienti con cui vengono cucinati provengano da terreni biologici e non siano trattati: anche alcuni prodotti utilizzati nella filiera produttiva possono condurre ad una maggiore sensibilizzazione, con successiva comparsa dei sintomi. Purtroppo, data l’estrema variabilità delle manifestazioni e per l’alterata percezione di malattia, ci sono molte incertezze riguardo l’esatta prevalenza delle intolleranze e delle allergie alimentari. Studi europei stimano una percentuale di reazioni avverse al cibo intorno al 7,5% nei bambini e al 2% negli adulti.

Si può iniziare in maniera generica parlando di reazione avverse agli alimenti, cioè tutte le reazioni caratterizzate dalla comparsa di un sintomo/segno clinico che per la sua comparsa nel tempo è correlabile all’ingestione o contatto o inalazione di un certo alimento. A loro volta, le reazioni avverse agli alimenti possono essere suddivise in reazioni alimentari tossiche e reazioni alimentati non tossiche o da ipersensibilità. Le prime sono dosi dipendenti e sono dovute all’ingestione di tossine presenti nell’alimento (come nell’intossicazione da funghi), le seconde comprendono le allergie alimentari, immnuomediate, e le intolleranze alimentari, non immunomediate. 


Le allergie alimentari (AA) sono dovute ad una risposta immunitaria anomala nei confronti di proteine presenti in un certo alimento e si verificano in un soggetto sensibilizzato a quell’allergene. La risposta immunitaria più frequente è quella mediata da anticorpi, in particolare della classe IgE. Sono reazioni specifiche, immediate e riproducibili, dose indipendenti; è possibile diagnosticarle grazie ad alcuni studi specifici che evidenziano, nel soggetto affetto, la presenza di questi anticorpi specifici verso l’allergene alimentare. Le poche vere allergie alimentari riconosciute ad oggi dalla Comunità Scientifica sono l’allergia alle proteine del latte (molto comune nell’infanzia ed in giovane età, solitamente di breve durata e con auto - risoluzione dopo alcuni anni), alle proteine dei cereali, alla soia, all’uovo, alla categoria “frutta a guscio e semi”, al pesce (in particolare ai crostacei). Le forme di allergia alimentare non IgE mediate (forme cellulo – mediate o miste) sono meno frequenti, caratterizzate da sintomatologia gastroenterica e spesso associate a infiammazione del tratto intestinale.
I sintomi dovuti a reazione allergica possono coinvolgere diversi organi, in modo diverso ed imprevedibile, in certi casi anche fatali. Tra le manifestazioni più frequenti l’orticaria - angioedema, l’anafilassi, la sindrome orale allergica, varie manifestazioni a livello gastroenterico e cutaneo.
Le intolleranze alimentari (IA) sono reazioni di ipersensibilità che si verificano senza che ci sia un’anomala attivazione del sistema immunitario. Sono riconoscibili meccanismi diversi, come quello da deficit enzimatico nell’intolleranza al lattosio o quello farmacologico, in seguito all’ingestione di amine vasoattive (per esempio l’istamina, presente in elevate quantità nei cibi confezionati, nei cibi fermentati come formaggi stagionati, alcol, prodotti contenenti lieviti, crostacei) o additivi contenuti negli alimenti. Queste reazioni sono dose – dipendenti e si presentano con quadri clinici simili a quelli delle AA, di solito meno gravi e limitati all’apparato gastro – intestinale (gonfiori addominali, crampi, diarrea, digestione difficile).
I sintomi delle AA e delle IA non sono specifici, spesso sono simili o comuni ed inoltre possono presentarsi anche in altre condizioni patologiche che devono essere valutate come diagnosi differenziale (malattie infiammatorie croniche intestinali per esempio). Mancano ad oggi protocolli diagnostici e test allergologi specifici, adottati uniformemente a livello nazionale ed internazionale, che riducano il rischio di sovra- o sotto- stimare il sospetto di allergia e/o intolleranza alimentare: diventa difficile selezionare i soggetti per cui è sicuramente necessaria l’esclusione totale di un alimento, evitando dall’altro lato diete impegnative ed inutili a chi non ne ha bisogno. La diagnosi deve essere affidata ad uno specialista allergologo, che sa indirizzare verso gli esami più adeguati e sa leggerne i risultati: le diagnosi fai da te, correlate da diete di eliminazione ingiustificate e da test alternativi, non convenzionali e non significativi, non portano a benefici! Una volta posta la diagnosi di allergia o intolleranza alimentare, la terapia consiste nel modificare le proprie abitudini a tavola, eliminando totalmente l’allergene dalla dieta. Una nuova opzione terapeutica coinvolge i fermenti lattici o probiotici, soprattutto nei soggetti atopici.

Lattosio
L’intolleranza al lattosio è causata dalla mancanza o dalla scarsa quantità dell’enzima lattasi nell’intestino: questo enzima ha il compito di scindere il lattosio in glucosio e galattosio, che in questa forma possono essere assorbiti dagli enterociti. La lattasi è un enzima presente nei mammiferi nel primo periodo di vita, durante il quale la principale fonte alimentare è il latte materno: con il passare degli anni la sua produzione può venire meno, scatenando i sintomi tipici all’ingestione di prodotti caseari. Il lattosio indigerito, infatti, raggiunge direttamente il colon, dove viene digerito e fermentato dai batteri intestinali. I sintomi tipici sono flatulenza, meteorismo e crampi addominali, oltre che alterazioni dell’alvo, di solito con comparsa di diarrea.
La diagnosi può essere non invasiva tramite il test del respiro al lattosio oppure invasiva tramite biopsia della mucosa intestinale per valutare la presenza dell’enzima. La terapia consiste nell’eliminare prodotti contenenti lattosio, scegliendo alimenti delattosati o di per sé privi di questo zucchero. Un’alternativa è la supplementazione con lattasi. Dato che i prodotti caseari sono un’importante fonte di calcio, necessario per il corretto sviluppo e per la crescita in bambini ed adolescenti, fonti alternative di questo minerale devono essere fornite.

Solfiti
I solfiti sono delle sostanze presenti in alcuni alimenti, naturalmente o sotto forma di additivi, con la funzione di conservanti. Vengono utilizzati per prevenire la proliferazione batterica e la comparsa di muffe e funghi; hanno anche azione antiossidante.
Il sintomo più comune dopo eccessiva assunzione di solfiti è il mal di testa.
La presenza dei solfiti negli alimenti deve essere, per legge, al di sotto di certi limiti, in quanto può scatenare reazioni avverse nei soggetti predisposti: la loro presenza deve essere dichiarata in etichetta.
I solfiti possono essere presenti negli alimenti sotto forma di diverse sostanze chimiche, ognuna indicata con un proprio codice (da E220 a E228). È consigliabile leggere sempre l’etichetta del prodotto che si vuole acquistare, cercando di evitare i prodotti confezionati e preferendo alimenti freschi e di stagione. Sono contenuti anche nel vino – soprattutto in forma di metasolfito di potassio- e la quantità aggiunta dipende dalla carica batterica presente e dagli effetti che si vogliono ottenere (proprietà antiossidanti, inibizione della crescita batterica). Anche altri alimenti contengono i solfiti: dalla frutta disidratata, alle verdure conservate, alcuni pesci – baccalà, frutti di mare, prodotti a base di carne come hot dog ed hamburger.
Noi di Fooderapy usiamo solo ingredienti di prima qualità, non congelati e senza conservanti.

Nickel
Il nickel è un elemento chimico classificato come metallo, presente nell’ambiente, nel terreno e nell’acqua. Il nickel viene utilizzato nella produzione di acciaio ed altri metalli, inoltre è contenuto in alcuni alimenti, sia naturalmente sia perché cresciuti su terreni contaminati o per l’acqua con cui sono innaffiati. Il nickel può essere presente anche nei tegami utilizzati in cucina, ma viene rilasciato in quantità non significative durante la cottura.
Alcuni soggetti sono allergici a questa sostanza: la sintomatologia è cutanea, in forma di dermatite da contatto nel luogo in cui la pelle è stata a contatto con il minerale (per esempio polso, orecchie, dita se si utilizza bigiotteria che contiene nickel).
Come accennato in precedenza, alcuni alimenti sono più ricchi di questo metallo, tra cui: cacao, cioccolata, liquirizia, tè, soia, farine integrali, frutta secca, crostacei, legumi, verdure ed ortaggi vari come pomodori, spinaci, cipolle, oltre che tutti i cibi confezionati/inscatolati con materiali a rischio di contaminazione. Non è ancora chiaro se, nei soggetti che presentano la forma cutanea, l’ingestione di questi cibi possa portare ad un’esacerbazione della sintomatologia: sono attualmente in corso ricerche su questo argomento.